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BIM4.0: da costo a ricavo. Riflessioni sul BIM di Valerio Castelnuovo

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BIM4.0: da costo a ricavo. Riflessioni sul BIM di Valerio Castelnuovo

Quattro riflessioni sul BIM proposte dal nostro CEO Valerio Castelnuovo.

 

 

E’ UN BUON BIM SOLO SE..

Nella maggior parte dei casi la domanda posta nel titolo genera una reazione di stupore misto ad uno scetticismo quasi sarcastico: cosa vuol dire un differenziatore tra un BIM e l’altro? Il BIM è il BIM: ma di cosa stiamo parlando? Probabilmente si intende quale software è migliore, ma allora perché citare addirittura un differenziale?

Purtroppo questa è la reazione più comune, non l’unica fortunatamente, ma la più comune! Seguono in rapida successione: ma quanto costa il BIM? E subito dopo: ma quanto tempo ci vuole per imparare il BIM? Di solito le aziende/studi che hanno questa visione hanno anche quella che alla fine il BIM non serve a nulla se non a far spendere altri soldi in licenze e a pagare di più i collaboratori.

Se siamo ancora in questa fase, credo che non ci sia nessun articolo o altra discussione che possa rigenerare l’essenza corretta di quello che è veramente il BIM e di quale opportunità economica può celare.

Comunque credo che sia doveroso provarci.

Il BIM è uno strumento per digitalizzare il know how che è alla base di un progetto. La grande differenza tra il classico approccio 2D, anch’esso digitale, ed il BIM non è il passaggio al 3D (già effettuato ad es. con i rendering), ma è il fatto che il modello digitale serve l’intera filiera delle costruzioni. Il BIM attraversa quindi tutte le componenti e le fasi di progettazione, generando un solo modello integrato con tutte le discipline presenti in un unico assieme, si estende a tutte le altre  fasi tra cui citiamo: di cantiere, di procurement, di collaudo, a quello di facility e manutenzione e per finire a quello di ristrutturazione o dismissione.

Qual è allora il differenziatore principale tra un BIM e l’altro?

La risposta è che sono più di uno, secondo le fasi in cui ci si trova, ma tutti fondamentali:

  • Capacità di integrare discipline diverse generando un unico assieme
  • Contenuto informativo per ogni elemento rappresentato (v. linee guida varie)
  • Fruibilità dell’informazione senza l’utilizzo di sistemi proprietari di authoring: semplicità di “navigazione” sia della parte grafica, sia della componente alfanumerica
  • Gestione (Inserimento e modifica) delle informazioni contenute in ogni elemento senza dover aprire tutto l’assieme
  • Utilizzo dei tools classici e comuni per l’integrazione con altre Basi Dati aziendali
  • Simulazione dei comportamenti dell’opera creando scenari diversi attraverso variazione dei parametri tecnici degli impianti o, più in generale, dei componenti

Il principale contributo che vorremmo dare è far capire che i BIM non sono tutti uguali! Per essere più chiari bisognerebbe aggiungere alle parole la sostanza di qualche esempio. L’importante è capire che il BIM non è una logica della progettazione, ma di tutta l’opera. Chi inizia il percorso del BIM, deve essere in grado di capire a cosa servirà nel seguito.

 

IL BIM SI PUO’ VENDERE COME PRODOTTO?

 

Vendere il BIM, quando è continuamente pensato come un requirement da capitolato tecnico sembra un po’ un’assurdità. Un po’ come dire, vendere i file CAD 2D quando viene consegnato il progetto.

Certo se è un requirement fa già parte della quotazione in fase di offerta: ma allora cosa e come si può vendere?

Come abbiamo già avuto modo di dire si parla di BIM come un pezzo della strategia digitale. BIM è un modello dati, molto spesso viene richiesto in modo generico senza specificarne i contenuti. In questo caso si tende a consegnare un modello BIM semplificato nella sua parte dati. I dati però diventano la vera ricchezza informativa, passando dalla fase di progettazione a quella di cantiere e via via a tutte le fasi successive. Il modello dati quindi si arricchisce man mano che procede il ciclo di vita dell’opera.

Visto in questa accezione il BIM, o meglio in modello digitale, diventa un elemento che ha un suo valore intrinseco e che porta benefici tangibili ai vari attori che si alternano sull’opera.

Si può vendere il BIM? Sì se è un vero e proprio “digital twin” (gemello digitale); no se è poco più di un 3D.

Se viene richiesto in modo accurato il modello dati, indicando nel capitolato il dettaglio del modello digitale atteso, allora DEVE essere parte della quotazione e quindi deve avere un suo valore o lo si deve evincere dalla quotazione. 

Se non viene richiesto in modo esplicito nelle sue caratteristiche, allora non va consegnato come elaborato della gara, ma lo si può proporre a valle della consegna come un ulteriore step di miglioria e lo si dimostrare come ulteriore valore opzionale.

Ma c’è una metrica sul costo di “un buon BIM”? Si possono trovare riferimenti, ma credo che il miglior modo di valorizzarlo è attraverso il risparmio sugli oneri delle fasi successive.

Possiamo semplificare queste considerazioni dicendo: se si aspetta che il mercato impari a chiedere correttamente il digital twin, si perderà la possibilità di sfruttare un elemento di novità che ridefinisce le posizioni di mercato. Se si vuole smettere di lavorare “al ribasso” è fondamentale dotarsi di una strategia digitale basata sulla qualità e metter in atto meccanismi di differenziazione e di capitalizzazione sia della nuova posizione di mercato, sia del prodotto digitale stesso.

Su questo tema dovete imparare prima di tutto a trovare un partner affidabile e con provata esperienza sull’impostazione di una vera e propria strategia: diffidate del brand ed affidatevi alla competenza dell’interlocutore, certificata dal fatto che non vi proponga scorciatoie o bassi costi.

 

La vera strategia Digitale: essere flessibili ed integrarsi

Digitalizzarsi significa implementare una strategia vera e propria, e come per tutte le strategie è necessario elaborare una tattica per trasformarla in attività che la realizzino. La strategia digitale richiede quindi la giusta attenzione, un minimo di investimenti e la definizione primaria degli obiettivi.

Offrire ai potenziali clienti un’immagine molto curata anche dal punto di vista del digitale è un parametro sempre più importante, direi anzi fondamentale. Costruire un rapporto fiduciario con il committente e gli attori di tutta la filiera è la vera chiave del successo di una strategia digitale.

Per essere elevati al grado di azienda matura sul BIM, serve essere in grado di modificare la parte dei dati associati ai modelli e andare incontro alle richieste dei clienti che hanno già un’impostazione propria sugli std BIM di progetto o commessa. Pochissime realtà oggi sono in grado di adattarsi agli std richiesti dai clienti. La quasi totalità ha un solo modello organizzativo dei dati e non ha nessun piano su come riorganizzarli o adattarli alle richieste della componente più evoluta del mercato.

Certo serve un aiuto informatico per essere così flessibili da poter generare contenuti ad hoc per le necessità di un cliente. Una tale capacità ha una grandissima valenza perché ci mette in comunicazione con un potenziale cliente, permette di rispondere ad una richiesta specifica e genera quindi l’inizio di una relazione tecnica/tecnologica. Questo tipo di relazione è molto più redditizia e differenzia molto il rapporto con un fornitore rispetto ad un altro. Si può andare su un livello ancora maggiore di integrazione con la possibilità di lavorare assieme su un progetto, condividendo e risolvendo problematiche e richieste progettuali anche spinte.

Va da sé che questa flessibilità – e poi l’integrazione sui progetti strategici – genera una relazione molto forte e definisce una partnership che non è più quella tra generico committente e prestatore d’opera, ma diventa un sodalizio commerciale e costituisce de-facto una fidelizzazione tra le due strutture.

Su quest’ultimo punto si realizza la costituzione di un nuovo canale di vendita che utilizza la digitalizzazione per innescare un contatto diretto – e quindi di maggior qualità – oltre che di miglior economia, sulla commessa.

 

Quali nuove tipologie di servizi implica il BIM?

 

Diciamo subito che l’adozione del BIM implica il cambiamento sulla gestione dei dati in tutta la filiera delle costruzioni edili e civili. Abbiamo già avuto modo di specificare che il BIM deve essere più compiutamente indicato come il “digital twin” o il “prodotto digitale” dell’opera.

Fatte le doverose seppur sintetiche premesse, cerchiamo adesso di capire quali nuove declinazioni di servizi e attività questo cambiamento si porta dietro.

Come prima cosa il modello va pensato, strutturato e poi impostato: Serve quindi un “ARCHITETTO DIGITALE”, un professionista capace di impostare un modello dati congruo ed esaustivo, che tenga in conto convenzioni aziendali e rispetti linee guida e standard internazionali, ma che sia anche in grado di prevedere bisogni informativi successivi. Nel mondo IT è già stato coniato il concetto di Architettura dei sistemi o delle soluzioni, in questo caso però l’architetto digitale ha competenze vicine alle logiche specifiche dell’opera e non solo della tecnologia e rispetta entrambe le valenze.

Proseguendo, ogni elaborato che ha un valore tecnico ed implicazioni di responsabilità e va validato. Come ulteriore spunto possiamo dire che serve un VALIDATORE BIM o DIGITALE dei progetti e degli elaborati. In Italia iniziano le prime richieste di supporto alla validazione BIM da parte di alcune committenze pubbliche.

Abbiamo poi tutto il mondo del cantiere con le sue specificità, ma ne voglio citare una in particolare: la DIREZIONE LAVORI con spiccate competenze DIGITALI. Compito di questo nuovo ruolo/competenza è quello di utilizzare tutto il contenuto informativo presente nel modello e di verificarne l’aggiornamento secondo le varianti e tutte le informazioni aggiuntive che vanno aggiornate nella fase di costruzione.

Non è difficile immaginare anche che l’apporto dell’engineering, confinato nella fase di progetto, possa poi essere esteso come una sorta di contratto di manutenzione del digitale almeno alla fase adiacente di costruzione, prolungando di fatto l’ingaggio degli architetti e dell’ingegneria e rendendoli partecipi anche di tutto quello che consegue alla loro fase concettuale.

Con la stessa logica si estendono le nuove competenze al DIGITAL PROCUREMENT ed agli operatori di Manutenzione.

Pensando all’intero ciclo di vita di un’opera, sia essa edile o civile, ed avendo il gemello digitale attivo costantemente, non è difficile pensare ad un MANUTENTORE del MODELLO DIGITALE, che ristruttura digitalmente il modello dati che  richiede aggiornamenti, richieste legislative e cambiamenti tecnologici, durante i decenni della sua presunta vita.

Quindi, come si organizza una strategia di manutenzione, così va pensata anche la corrispettiva Manutenzione della Base Dati digitale.

Quelli indicati sono solo alcuni esempi di quali cambiamenti e opportunità introduce questo “Digital Disruptor”.

Per concludere, vorrei almeno citare qualche caso in cui al contrario ci potrebbe essere meno richiesta di servizi dal mercato. Pensiamo a tutte le fasi di valutazione, due-diligence, censimenti e sopralluoghi ispettivi: forse queste tipologie di contributi professionali dovranno convergere in un percorso più efficace gestito su una base digitale e quindi snellirsi e ridursi. Credo però che il bilancio tra attivo e passivo del digitale penderà prepotentemente dalla parte del primo.

 

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